Amerigo Mancini
Ho generato questa serie di video grazie a Genesis O’ Porridge, l’inventrice del genere industrail. Cos’è? L’evoluzione del zapping televisivo portata all’ennesima potenza in forma auditiva: rumori, distorsioni, cambi improvvisi di tonalità e distorsioni a farcire il mood tetro, salterino e oscuro che scaturisce da questo caos. Caos.
Leggendo la voce Wikipedia relativa al genere Industrial capirete tutto e capirete il nesso con la magia del caos, Burrough, i cut-up e la figura di Merzbow. Questo musicista tailandese ha copiato il nome da un’artista tedesco che ha fatto proprio come La Casa Del Pazzo, la mia casa piena di oggetti e creature incomplete. Praticamente ha fatto della sua stanzetta di lavoro, la sua opera d’arte totale. Il disordine dei tubetti di vernice, le pentole poggiate per terra, dipinti rotti, polvere e quant’altro. Tutto fissato con la plastica e sigillato in bella vista per il turistàme. L’opera si chiama Merzbau.
IL MIO LINGUAGGIO APPROSSIMATIVO
Rousseau diceva che il linguaggio dei bambini pur essendo preverbale è sofisticatissimo. E’ fatto di intonazioni ed è l’unico linguaggio universale. Come il cinguettio alchimistico. Il mio linguaggio è una supercazzola continua ma se non si va troppo per il sottile è funzionale all’espressione dei concetti.
COSA C’ENTRA L’INDUSTRIAL?
Su spotify se cercate Merzbow vi verrà fuori uno dei miei artisti preferiti. Il suono delle sue cacate multimediali riesce a mettere in fase la mia mente. Dicono che questo genere di musica cura l’Attention Deficit Desorder. La prima volta che ascoltai questo genere credevo di aver trovato Dio e il Nirvana. Dormì benissimo. Ero in pace. Poi l’effetto novità McKennica finì e dovetti rassegnarmi nuovamente all’idea che nella vita tutto cambia e c’è sempre bisogno di novità. Questa pare l’unica cosa che non cambia mai.
LA PRIMA VOLTA CHE L’HO USATA NEI MONTAGGI
Il mio gigante archivio di video potrebbe suonare automaticamente usando dei software che non conosco. Cage era un fan di tutte quelle applicazioni artistiche che rimettono la facoltà creativa alla caoticità e al caso. Oggi più che mai Big Data sorride. Mettere in un frullatore tutto quanto e aspettare che l’arte si generi da se. Pare una cosa stupida ma non lo è. Io ad esempio ho un archivio di video molto più grande della mia capacità materiale di riguardarlo tutto prima di morire. Perciò o mi affido a software randòmici oppure non avrò mai la percezione di poter ripercorrere tutto l’arco dell’esistenza filmata. Il software non avendo mente, estrae casualmente da tutte le parti suonando nella mente come uno shaker di ricordi onirici privi di criterio selettivo.
COME HO DECISO DI CREARE QUESTI VIDEO
Semplice, avevo molto materiale registrato a Barcellona e volevo farci un Vlog nel solito stile. Ma aimè niente energia. L’energia viene con la novità e fare montaggi non me ne dava. Allora ho deciso di registrare il desktop mentre eseguivo i miei video spostando il cursore di qua e di la come se stessi scratchando un LP su una piastra da DJ. Molti erano i problemi tecnici che avrei voluto risolvere. Però il risultato bene o male mi interessava.
Ecco le mie prime considerazioni sulla tecnica usata e analisi teorico filosofica del terzo episodio.
Nell’audio nella parte finale faccio cenno al peso della seriosità. La seriosità è la morte della spontaneità. L’automatismo spontaneo è l’unico antidoto al potere statico. I problemi si risolvono solo con una mente libera e non offuscata da dogmi.
L’ULTIMO EPISODIO
Farò un’articolo dedicato a quest’episodio perchè gia avevo registrato un testo con tante impressioni interessanti. Nel frattempo ti dico che a differenza degli altri episodi si sofferma su un’arco temporale diverso da Barcellona ed è realizzato in modo totalmente diverso cioè con le sovrascrizioni di mie reazioni riprese dalla webcam.
DOVE HO ESEGUITO IL MONTAGGIO
A Barcellona nella biblioteca UPF. Se cercate nel blog UPF troverete diverso materiale. Montavo molto materiali li e ci ho praticamente vissuto. L’ultimo episodio è stato registrato il giorno prima di essere “cacciato” via da casa di mio fratello ed essere rimesso nella strada.
TECNICAMENTE COSA FA IL CAOS SULLA MENTE
La apre. Ho deciso di ritornare alla tecnica del caos spece nell’ultimo episodio. Avrebbe inaugurato una nuova serie ma appunto non l’ha fatto. Il giorno che ho composto quell’episodio avevo la mente liberata da pesi fortissimi, problemi e ripetizioni che non riuscivano a togliersi di dosso come vermi o zecche in stille Burrough. O scimmie.
La tecnica d’esecuzione è questa:
- Scegliere un tappeto base da eseguire, una traccia, un primo montaggio
- Cominciare a registrare unl’altro evento mentre si guarda il “tappeto”
- Usare un software multilivello inserendo questa seconda traccia sulla prima ma lasciandola in vista.
- Interrompere la registrazione del secondo evento non appena c’è un DOWN di attenzione.
- Riprendere un terzo evento mentre si guarda il primo evento “tappeto” sulla prima traccia, facendolo partire dal punto in cui è finita la sovrascrizione precedente.
- Ripetere l’operazione N volte fino a completare la durata del “tappeto”.
Tecnicamente si tratta di un TOUR DE FORCE multimediale che sfida le leggi novelty McKenniane. Ho sempre avuto a mente questo principio per la mia creazione ininterrotta spostandomi da disegno a pianoforte a recita a danza a interviste per strada alla creazione di oggetti artistici. Tutto vorticosamente per resistere ai Plateau.
Questa tecnica ha dei precedenti nel video MONOTONE. Li però le quattro tracce sul tappeto musicale si sovrappongono generando una casualità molto interessante. Come se le tracce sovrapposte cominciassero a comunicare a tua insaputa tra loro. E a mia.
